Come diceva Albus Silente in - Harry Potter e la camera dei segreti -, “Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità”.
Le aziende hanno diverse possibilità di scelta della modalità di ingresso nel mercato di un Paese straniero. La differenza sostanziale tra le varie strategie è data dal grado di coinvolgimento in termini di risorse, interne o esterne all'azienda, che si vogliono impiegare e dal grado di presenza (commerciale, logistica, distributiva e produttiva) nel Paese target. Tendenzialmente, all'aumentare della presenza diretta e al grado di commitment delle risorse utilizzate, aumenta la velocità di risposta al mercato grazie alla quantità dei feedback ricevuti dal campo e all'efficacia e la prontezza di eventuali azioni correttive (efficienza e precisione di controllo). Un investimento diretto necessita, per contro, una più alta esposizione finanziaria e costi di esercizio elevati.
Nel caso della semplice esportazione, la forma più semplice di internazionalizzazione, fra le tante possibilità, le più usate sono le seguenti:
- Esportazione con vendita direttamente dal Paese d’origine, senza intermediari e gestita da un export manager o da un direttore delle vendite.
- Esportazione tramite un dealer estero, quindi tramite un intermediario.
- Esportazione tramite una compagnia di trading italiana che si appoggia a un partner distributore presente all'estero, quindi con l’uso di due intermediari.
Le aziende di solito iniziano con le esportazioni indirette, lavorando attraverso intermediari internazionali indipendenti. Questa soluzione non comporta grossi investimenti e non richiede una rete di marketing diretta perché si utilizza quella dell’intermediario. Di intermediari ce ne sono di tipo diverso: commercianti o agenti di esportazione, organizzazioni cooperative, agenzie governative per l'esportazione e società di gestione delle esportazioni. Affidarsi a tali professionisti riduce di molto il rischio in quanto ci si affida al loro know-how e alle loro reti di relazioni già consolidate, però i margini di guadagno si riducono sostanzialmente, il controllo e la scelta del prezzo è molto difficile e, soprattutto, si instaura un rapporto di totale dipendenza nei confronti di terze parti che quasi sempre prendono decisioni e fanno scelte autonome (…e non sempre sono leali…) approfittando della loro posizione di vantaggio nei confronti di un mercato che non si conosce e che si continua a non poter ( o voler) comprendere in prima persona.
È importante distinguere tra un intermediario e un distributore: il distributore è un'azienda che acquista il prodotto e poi lo vende al cliente o al rivenditore. Anche in questo caso ci si affida al know-how di terze parti e a una rete di relazioni e di marketing già preesistenti. Il controllo del prezzo finale è ancora più basso del caso precedente. Eventuali strategie del prezzo di vendita e della scontistica hanno pochissimo impatto sul prezzo di vendita finale, essendo il distributore (a meno che non sia garantito da contratto) vincolato a un prezzo di vendita consigliato ma non imposto. Poiché, molto spesso, il cliente finale identifica il prodotto con il distributore, il ritorno di immagine del brand dell’azienda potrebbe risultare parzialmente oscurato. Grande rischio di un grave danno, specialmente nel caso che il venditore decida di passare all'esportazione diretta, gestendo le proprie esportazioni in virtù dell’esperienza acquisita trasformandosi così in un competitor difficilissimo da contrastare. Per contro, di solito, il distributore garantisce una richiesta di fornitura costante conseguendone una migliore pianificazione delle risorse, delle forniture e della produzione domestica.
Nel caso si decida di produrre all'estero, le alternative più usate sono le seguenti:
- Licensing di produzione. Un licensor, che ha la proprietà intellettuale di un prodotto o di un processo produttivo, cede a un’azienda straniera, licensee, la licenza di produzione. Il licensor ha il rischio del trasferimento tecnologico ma in cambio aumenta il suo potere produttivo e, nel caso del pagamento di royalties, si avvantaggia della capacità di vendita del licensee.
- Franchising di produzione. È molto simile al processo precedente, il franchisee, che si occuperà della produzione, si avvantaggia del brand del franchisor in cambio di trasferimento tecnologico e di assistenza tecnica. Il franchisor guadagna dalle royalties. In questo caso, il rischio dovuto al trasferimento tecnologico e di know-how è minore rispetto al caso precedente, il franchisor ha comunque dalla sua la proprietà del brand.
- Manufacturing contract. È la semplice delega di costruzione all’estero. La commercializzazione, la gestione del marketing, il network di distribuzione restano a carico del contractor. Si rischia di ritrovarsi, alla conclusione del contratto, con un forte competitor.
- Assemblaggio. È un modo un po’ meno rischioso del precedente di delegare la costruzione all'estero. I processi costruttivi rimangono in mano al possessore della proprietà intellettuale, l’azienda estera si occupa solo dell’assemblaggio. Se si è nelle condizioni di poter trasferire solo le informazioni necessarie e di fare in casa l’ultimo step e il collaudo, il rischio di ritrovarsi alla fine con un concorrente è molto ridotto.
- Produzione completamente integrata all'estero. È la forma d’investimento diretto più impegnativa, quella di capitale o equity. Si può trattare della nascita di un’entità non legata necessariamente a quella posseduta in patria, ovvero del tutto nuova (greenfiled), l’acquisizione totale o parziale di un’attività preesistente, oppure la creazione di una nuova entità con capitale condiviso (joint venture). In questi casi, la scelta influisce sul controllo sia in termini di autorità sul processo decisionale, operativo e strategico, che in termini di capacità di acquisizione dei feedback dal campo e reattività d’intervento in caso di necessità di azioni correttive immediate. Nel caso delle acquisizioni, l’ostacolo più importante da superare sarà l’integrazione gestionale, strategica, finanziaria con la casa madre (al tema dell’integrazione riserveremo un articolo).
L’apertura di una filiale o di uffici di vendita significa istituire una nuova organizzazione stabile sul nuovo mercato. La filiale deve essere registrata nel Paese target ma non è un'entità legale indipendente. La filiale non è autorizzata a firmare accordi. La casa madre è responsabile di ogni operazione della filiale.
In conclusione, la scelta della modalità di ingresso è tutt'altro che basabile su dati oggettivi. È comunque importante, prima di scegliere, identificare più di un’alternativa e un criterio di scelta. L’ideale sarebbe stilare un business plan mettendo nero su bianco tutte le analisi, il metodo di scelta e le alternative. Il business plan sarà argomento del prossimo articolo. Il fatto di dover mettere tutto per iscritto, obbliga il manager a ragionare su tutti gli aspetti e formalizzare le varie ipotesi con i pro e i contro a esse connesse.
Qualunque sia la scelta, è consigliabile, prima e durante, istituire un ufficio di mera rappresentanza per tastare il terreno. L’affiliazione libera al network Net di NOI International Consulting, per esempio, garantisce un servizio di mera rappresentanza e scouting gratuito in Cina e, nel caso, vi potrà assistere nella compilazione del business plan e nella valutazione di ciò che fa più al caso vostro.
Arrivederci al prossimo articolo!