L’imperatore romano Marco Aurelio disse: “Qualcuno ha paura del cambiamento? Cosa c'è allora di più consono alla natura universale? Può qualsiasi cosa che sia utile essere ottenuta senza cambiamento?”.

Le motivazioni del M&A ( Parola chiave: competitività)
Le motivazioni e i target nel ricercare acquisizioni o fusioni in Cina sono molto cambiati dagli anni ‘80 ad oggi. Inizialmente, in Cina, ciò che spingeva le aziende a fondersi con altre era soprattutto la necessità di consolidamento finanziario, l’unica preoccupazione degli investitori era non sovrastimare i bilanci e i flussi di cassa della controparte. La strategia nella scelta delle aziende target si basava soprattutto sulla necessità di differenziare gli investimenti. La competizione sul mercato si giocava unicamente sull'abbattimento dei costi di produzione e dei costi fissi. In quel periodo, la Cina è riuscita a ristrutturare e salvare buona parte delle state-owned enterprises (SOE) vicine alla bancarotta.

Successivamente, sono aumentati anche i tentativi di acquisizione e fusioni di aziende cinesi nei confronti di aziende straniere. La motivazione sostanziale inseguiva la percezione degli imprenditori cinesi che, se volevano rimanere competitivi con il mercato occidentale, dovevano far valere una propria presenza in Occidente sia equity che green-field. La parola d’ordine era “globalizzare” e così è stato, la Cina è entrata a far parte del WTO nel 2001 e gli investimenti stranieri in Cina sono aumentati sempre più e così gli investimenti cinesi in Occidente e non solo (in realtà con un grande squilibrio a favore dei primi).Al giorno d’oggi il mercato si è fatto più complesso. Le motivazioni che spingono le aziende straniere a investire in Cina sono soprattutto legate alla grande crescita della classe media cinese che rende particolarmente appetibile il mercato dei prodotti di qualità medio-alta tipici, per esempio, dell’Europa. Ciò che spinge le aziende cinesi a investire in Occidente è più di carattere strategico e operativo. Si cerca di raggiungere una o più sinergie. Quindi, non si tratta più di ricercare semplici partner finanziari, l’obiettivo è aumentare la competitività a trecentosessanta gradi: clientela, canali commerciali, competenze e tecnologie.

Critical Success Factors (CSFs) ( Parola chiave: creazione di valore)
Nel caso di M&A sino-occidentali, in passato, le possibili sinergie sono spesso state sovrastimate.  Le ragioni dei fallimenti possono essere ricercate in un mix micidiale delle seguenti cause: valutazioni inesatte, performance del mercato gonfiate, scarsa due diligence, eccessivo ottimismo, prezzo pagato elevato e, purtroppo in moltissimi casi, integrazione fallita. La fase iniziale di “due diligence” è delicata, nelle società cinesi, quelle non quotate, i documenti sulle prestazioni economiche potrebbero contenere dati esagerati, alcuni costi nascosti potrebbero risultare non dovutamente evidenziati; le vere prestazioni economiche delle aziende sono detenute solo dai gestori e, solitamente, sono accurate.  Quindi nel caso l’obiettivo del M&A sia un’azienda cinese, è indispensabile una completa e accurata due diligence portata avanti con consulenti avvezzi alle realtà industriali del Paese.

Ad appesantire i processi di acquisizione o fusione ha contribuito finora il fatto che le istituzioni economiche cinesi non sono ancora state completamente trasformate in maniera da avvicinarsi alle normali caratteristiche di libero mercato internazionale ( anche se passi rilevanti sono stati fatti, specie in alcuni distretti economici). Quindi, l'attività di fusione o acquisizione in Cina risulta ostacolata da una serie di vincoli, autorizzazioni istituzionali, passaggi intermedi, controllo sul prezzo pagato che pesano molto nelle prime fasi del processo di acquisizione in termini di costo e di tempo.

La cultura e l’ambiente aziendale, inoltre, sono completamente diversi dai canoni occidentali, e questo può provocare frizioni con il personale che rallentano, e a volte bloccano, la fase di integrazione. La mancata integrazione socioculturale, che definiamo come la combinazione di gruppi di persone in possesso di norme, convinzioni e valori consolidati, può portare a forti conflitti interorganizzativi quando diversi modi di pensare e agire, atteggiamenti nei confronti della gerarchia, modi di  gestire le risorse umane e altri aspetti della vita organizzativa entrano in contatto.  L'integrazione completa ed efficace è un processo iterativo in cui le interdipendenze necessarie tra unità acquisite e acquirenti si sviluppano e si migliorano in modo ciclico.

Nel caso di acquirenti cinesi nei confronti di aziende occidentali, abbiamo già detto come le scelte siano dettate dalla possibile acquisizione di tecnologia avanzata, know-how, competenze, accesso ai mercati esteri, acquisizione di brand rinomati e, in alcuni contesti, da scelte meramente politiche. Le difficoltà e gli ostacoli maggiori al processo di acquisizione è soprattutto legato alla fase di integrazione. Il gap culturale e la resistenza del management cinese all'adattamento in un diverso ambiente aziendale, istituzionale e regolamentativo sono pesati molto nei risultati parzialmente o totalmente negativi. A peggiorare la cosa è intervenuto il problema del trasferimento tecnologico, mal digerito e vissuto come una minaccia dalla maggior parte delle aziende straniere acquisite.

In generale, dal punto di vista degli acquirenti, l'esecuzione di un processo di integrazione ben progettato, che catturi tutte le sinergie previste e sperate, è assolutamente fondamentale per garantire la creazione di valore, il mantenimento del valore iniziale o, perlomeno, la minimizzazione di un’eventuale perdita del valore. A parte il raro caso in cui un’impresa target viene acquisita con uno sconto rispetto al suo valore intrinseco, qualsiasi deviazione dalla perfetta integrazione determina una grave perdita di valore per l'impresa acquirente. 
 Poiché la maggior parte dell’integrazione avviene dopo che la fusione o l'acquisizione è stata legalmente completata, l'onere della creazione, mantenimento o distruzione del valore ricade sulla ricerca e l’ottenimento rapido delle sinergie cercate e pianificate.  Le maggiori opportunità derivano spesso dall'acquisizione di nuove competenze e tecnologie che migliorino o amplino i prodotti o i servizi correnti. L’obiettivo principale è l'aumento della presenza sul mercato e l’acquisizione o il consolidamento di quote di mercato.

Per avere successo in Cina, le società straniere devono confrontarsi con pratiche commerciali, un mercato,  leggi e cultura locale pressoché sconosciuti.  Nonostante il fatto che la Cina abbia aperto da oltre due decenni agli investimenti stranieri, l'ambiente imprenditoriale, le pratiche locali, le regole da seguire e gli standard a cui aderire nel "economia di mercato socialista" cinese sono ancora incomprensibili per molte aziende straniere. Per esempio, in alcuni casi si cerca la cosiddetta “acquisizione verticale”, ovvero investire a monte o a valle della propria catena di approvvigionamento.  Questo tipo di M&A viene in genere utilizzato per garantire il controllo degli approvvigionamenti critici in termini quantitativi o di prezzo.  La strategia cerca di migliorare la redditività riducendo il costo delle funzioni di supporto, migliorando lo sviluppo del prodotto e le interfacce di produzione ed eliminando i costi legati al mantenimento delle relazioni con fornitori esterni.  Nel caso di target cinese da parte di un azienda straniera occorre tenere conto che nelle aziende cinesi esiste una rete particolarmente intrecciata tra fornitori, clienti e dipendenti che sarebbe meglio evitare di cambiare di punto in bianco. Se non si conoscono bene i meccanismi interni alle aziende cinesi, si rischia di fare errori grossolani e perdere credibilità interna.

Finora, la nostra discussione si è incentrata sulla creazione di valore migliorando il flusso di cassa. L’obiettivo minimo è preservare il valore standalone di ciascuna azienda coinvolta nel processo di M&A ed evitare la perdita di fonti di flusso di cassa e altre perdite di valore come ad esempio, perdita di fidelizzazione dei clienti a causa della defezione di personale tecnico chiave, passività impreviste, ecc. È nostra opinione e di altri che la gestione del processo di integrazione e le pratiche di gestione delle risorse umane svolgano un ruolo fondamentale nella conservazione e nella realizzazione del valore.  Per comprendere meglio il ruolo delle pratiche di integrazione e di gestione delle risorse umane, è utile definire le varie fasi del processo M&A e illustrare in che modo le varie attività di integrazione e gestione delle risorse umane possono svolgere un ruolo prezioso durante ogni fase.  Il processo M&A può essere semplificato come costituito da tre fasi (sovrapponibili): transazione, transizione e integrazione.  È importante notare che le fasi sono alquanto fluide e che, a causa della necessità di alcune informazioni chiave e della diversa disponibilità ad aprire al loro accesso, alcune attività che dovrebbero attuarsi durante uno stadio precedente possono essere posticipate ad uno stadio successivo.

Fase di transazione ( Parola chiave: informazione)
La transazione caratterizza il periodo in cui avvengono valutazioni e stime delle eventuali sinergie ottenibili e del prezzo. È il momento della  “due diligence” e delle negoziazioni.  Durante questa fase, l'acquirente o i partner partecipanti alla fusione tentano di raccogliere informazioni sufficienti sull'altra azienda per decidere se concludere l'accordo e definiscono i termini in base ai quali l'accordo verrà concluso.  È la fase in cui i modi di attuazione di sinergie e i problemi di organizzazione e integrazione che dovranno essere gestiti per raggiungere gli obiettivi che ci si è posti dovrebbero iniziare a essere valutati.  Tali valutazioni necessitano di una grande quantità di informazioni alle quali, questioni legate alla segretezza e alla sicurezza nazionale, alle normative antitrust, alla fiducia reciproca tra acquirenti e acquisiti, alla necessità di rapidità d’azione e alle strategie di negoziazione, possono precludere l'accesso.
In una prima fase, un acquirente o un partner della fusione, causa forza maggiore, potrebbe dover fare affidamento unicamente su una combinazione di fonti indirette di informazione provenienti da: fonti pubbliche, consulenti, clienti, fornitori e riferimenti chiave dell’azienda. Di solito, coloro che sono l’obiettivo dell’acquisizione cercano di non fornire inizialmente informazioni di “prima mano”. Per nostra esperienza, le aziende italiane, per esempio, quando si trovano a essere il target di un’azienda cinese, sono molto sospettosi e molto restii a dare informazioni chiave (e, in certi casi, fanno bene). Per facilitare lo scambio di informazioni, viene richiesta almeno una lettera di intenti (o memorandum) da parte di entrambe le parti. Nonostante le rassicurazioni che in una lettera di intenti, pur essendo simile a un contratto scritto, gli accordi contenuti non sono del tutto vincolanti, le aziende cinesi non avvezze a questioni internazionali, oppongono resistenza alla firma di un memorandum preliminare. È capitato che aziende cinesi si siano irrigidite a tale richiesta considerandola una grave mancanza di fiducia e l’affare sia saltato per un innescarsi di un circolo vizioso di incomprensioni.

In generale, comunque, si tratta di raccogliere e analizzare le informazioni (ovvero la “due diligence”), finalizzandole allo studio di fattibilità del  progetto e al raggiungimento dei propri obiettivi, che si può decidere, a propria discrezione, se rendere noti sin da subito alla controparte oppure no. Per questo motivo, i negoziatori e gli intermediari devono spingere affinché venga stipulato tra le parti almeno un accordo di non divulgazione (NDA, non-disclosure agreement). Spesso, le aziende coinvolte non sono chiare o sincere sui veri propri obiettivi e motivazioni, e, ciò che è peggio, non li rendono noti neppure a coloro che dovrebbero mediare fra le parti, rendendo così più complicata la fase di negoziazione.

Fa parte della fase di transazione anche la negoziazione del giusto prezzo. Ciò richiede una valutazione obiettiva e accurata durante tutto il processo di negoziazione. Di solito il cliente occidentale tende a porre dei paletti su ciò che è negoziabile e su ciò che non lo è, e, soprattutto, ciò che è stabilito, è stabilito e si dovrebbe procedere a definire il resto. Lato cinese invece, nulla deve essere non negoziabile e soprattutto tutto è rinegoziabile più e più volte fino allo sfinimento. E’ compito del mediatore riuscire a superare la “empasse” e non arrivare a una situazione di conflitto per carenza di pazienza e nervosismi. Il modo di contrattare cinese è detto “avanti-indietro” (o anche ping-pong).  Banalizzando, le fasi negoziali cinesi sono suddivisibili in: pre-negoziazione (lobbying, presentazione, discussione informale e rafforzamento della fiducia), negoziazione formale (attività correlate allo scambio di informazioni, persuasione, concessioni e accordo) e … ri-negoziazione. Occorre saper utilizzare la regola delle "4P": priorità, pazienza, prezzo e persone. Un errore molto diffuso è andare in pre-negoziazione senza avere un prezzo iniziale e non dando la percezione di averlo calcolato accuratamente nella negoziazione formale.

Nella raccolta delle informazioni, è pratica comune lasciare fuori dalla fase di transazione il personale “operativo”. Ciò è deleterio e controproducente. Lato acquirente, gli operativi sono una fonte inesauribile di informazioni utili; lato azienda obiettivo della transazione, rendere partecipi della transazione il personale evita inutili e false voci di corridoio, nervosismi, preoccupazioni, stress e, ciò che forse è più importante, le persone si sentono già facenti parte di un progetto comune e apprezzate (motivate). Se si riesce a fare un buon lavoro con le risorse umane in questa fase, le fasi successive si muoveranno molto più rapidamente. Facendo in questo modo, emergerà nettamente il background culturale dell’azienda, eventuali differenze o contrasti. Le difficoltà legate alla cultura ( e a modi e metodi di lavoro ormai inveterati) sono le più difficili da appianare. Inizialmente, individuare le persone chiave e far leva su di esse è di enorme utilità. Nelle aziende cinesi, per cultura, le persone chiave che possono fare la differenza, quasi sempre, rispecchiano la gerarchia. Nelle aziende italiane, non è così facile identificare i leader e non sempre le vere leadership e i veri “influencer” rispecchiano le gerarchie. Senza persone capaci, un'organizzazione non può funzionare in modo efficace ma è anche vero che anche un solo elemento chiave non in sinergia potrebbe vanificare le capacità del singolo nei lavori in team.  È fondamentale che molti sforzi vengano spesi sulla fidelizzazione delle persone che sono importanti per il futuro successo dell'azienda che si verrà a creare. Le decisioni sulla selezione delle risorse, e la definizione dei ruoli devono essere chiari sin dall'inizio. L’attesa o la mancanza di chiarezza spingerebbe sicuramente le persone a cercare nuovi posti di lavoro con conseguente grave perdita di valore. Le risorse da cercare di trattenere devono essere valutate nell'ottica degli obiettivi dell’azienda acquirente.

Fase di transizione (parola chiave: comunicazione)
La fase di transizione inizia quando le parti coinvolte nella fusione annunciano un accordo trovato. Come si è detto precedentemente, le aziende cinesi non troppo avvezze a questioni internazionali sono restie, soprattutto all'inizio, a firmare una qualsiasi cosa. In questo caso è compito dei negoziatori cercare di creare sin da subito un contesto di piena collaborazione perché, arrivare a un documento finale è necessario in quanto segna il punto in cui entrambe le parti si impegnano seriamente e iniziano a parlare dei dettagli diventando più propensi a scambiarsi le informazioni.  
Le comunicazioni devono fluire con continuità e con chiarezza senza lasciare adito a speculazioni, trovare una buona strategia e modalità di comunicazione è di primaria importanza, ne va la credibilità dell’azienda che si viene a costituire ( la prima a essere messa in dubbio in un processo di fusione). Se le persone perdono la stima della leadership a causa di un divario tra quanto comunicato e quanto effettivamente realizzato ( o cercato di realizzare), non affronteranno con convinzione e la dovuta serietà il cambiamento che il progetto richiederà. Esso coinvolgerà tutti e avrà un impatto diverso per ognuno. Per poter lavorare serenamente, tutti dovranno essere informati tempestivamente sul loro futuro. Le speculazioni inizieranno a circolare non solo da parte dei dipendenti, ma anche dei clienti e dei fornitori. Quindi sarà molto importante il lavoro da parte della parte commerciale e dell’ufficio acquisti. E’ molto importante attuare piani conservativi o selettivi anche in questo campo.

Le attività svolte durante la fase precedente devono continuare nello stesso ambiente costruttivo in modo che eventuali analisi e valutazioni preliminari avviate e messe a punto durante la fase della transazione siano completate o condotte come previsto in questa fase di transizione. Le attività dell’azienda acquisita e di quella acquirente non si devono fermare, quindi è necessario, al più presto possibile, istituire una struttura aziendale di transizione. In questo modo non si lasciano vantaggi ai competitor e si motivano le persone mentre vengono apportate le necessarie modifiche e ristrutturazioni. Una possibilità potrebbe essere un apposito ufficio di integrazione costituito da figure senior miste (acquirente e acquisita) e consulenti indipendenti che guidino l’intero processo (facilitatori).Se non si fa così, i centri direzionali di entrambe le aziende cercherebbero di consolidare le proprie posizioni mettendo in secondo piano il progetto finale.
I protagonisti dell’integrazione per prima cosa devono fissare lo stato corrente di entrambe le aziende coinvolte con grande dettaglio e precisione, su tutti gli aspetti. Ciò servirà per monitorare l’andamento effettivo della creazione di valore che è l’obiettivo primario dell’acquisizione. Qualunque metodo, pratica, istruzione operativa preesistente deve poter essere messa in dubbio e tutto ciò che si identifichi come “tossico” deve essere espulso con coraggio e risolutezza, tutto ciò che migliora di fatto la sinergia deve essere diffuso, insegnato e utilizzato.

Fase di integrazione ( parole chiave: allineamento e monitoraggio)
La fase di integrazione inizia dopo la chiusura dell’accordo e la sua durata è sulla carta definita, ma, nella realtà, non si potrà considerare esaurita fino a che tutti gli obiettivi minimi di cooperazione, trasferimento tecnologico, creazione o mantenimento di valore e consolidamento non saranno raggiunti. Questa è una fase di controllo, analisi e correzione continua. In questo processo di controllo, il fattore di disturbo principale è l’inerzia al cambiamento. E’ nostra convinzione che i tempi di questa fase possano essere lenti o veloci a seconda dell’entità della resistenza al cambiamento e dell’entità del gap tra lo stato iniziale e quello target. Per vincere l’inerzia occorrerà lavorare sulle differenze culturali e metodologiche, le pratiche e le abitudini inveterate. I nuovi metodi, i nuovi modelli di documenti, i nuovi programmi gestionali, le nuove applicazioni, per quanto alla lunga si rivelino migliori e più efficienti, subiranno feroci critiche finché le curva di apprendimento non sarà portata a termine.
Il processo di integrazione inizia nel momento in cui l’acquirente e l’azienda target entrano in diretto contatto e coabitazione.  Quindi i facilitatori, membri di un team per l’integrazione, devono creare sin da subito un contesto di piena cooperazione. Esistono numerose attività chiave che devono essere svolte per garantire che le persone lavorino insieme e siano allineate agli stessi obiettivi.  Purtroppo è raro che ciò avvenga senza frizioni e discussioni, persino da parte dei dirigenti, i quali dovrebbero dare esempio di coerenza. Anziché mostrare reazioni non consone agli obiettivi comuni, i senior dovrebbero monitorare e iniziare a mettere in atto gli obiettivi strategici e finanziari dell’acquisizione/fusione creando team di lavoro e cercando di amalgamare persone che, con tutta probabilità, non hanno mai lavorato insieme. Per fare ciò, sarà necessario un grosso lavoro di team building per motivare le persone a superare le difficoltà iniziali. Il personale dovrà essere formato ai nuovi metodi, alle nuove tecnologie e alle nuove professionalità richieste. 

Comunque sia, i dipendenti avvertono spesso un senso di insicurezza e alienazione a seguito di un acquisizione.  La paura del cambiamento e l'ignoto e le differenze tra le culture possono impedire nella nuova entità creatasi lo stabilirsi di relazioni cooperative.  Il M&A è una grande sfida in cui nulla dovrebbe essere lasciato al caso.

 Arrivederci al prossimo articolo!