Se pretendiamo professionalità dai nostri fornitori, i primi a dimostrare professionalità e metodo nei loro confronti dovremmo essere noi. In questo post indicheremo alcuni dei passi da compiere per avere consapevolezza di quali insidie ci si possa trovare ad affrontare e quali potrebbero essere i punti di debolezza di chi decide di rivolgersi in Cina per le proprie forniture.
Il primo passo importante per la buona riuscita di una collaborazione, è la comunicazione delle specifiche di fornitura. Scrivere una lista di requisiti partendo da zero, non è banale.

Descrizione del prodotto richiesto.

Sappiamo realmente e nei dettagli che cosa vogliamo dai nostri fornitori? Sappiamo descriverlo a parole in maniera che sia comprensibile non solo a noi, ma anche a chi leggerà i nostri requisiti? Nel redarre una specifica di prodotto dettagliata assolviamo a una triplice funzione: avere noi stessi chiari i nostri obiettivi e i nostri desiderata, non dare adito al fornitore di approfittare di troppi gradi di libertà nelle scelte riguardanti la fornitura e, inoltre, avere uno strumento di verifica efficace quando riceveremo la nostra prima fornitura e anche successivamente.

RUI (Requirement Unique Identifier)

I requisiti devono sempre essere numerati e identificati da una sigla. Ciò aiuta a mantenere una “forma mentis” orientata alla sintesi ed è importante per motivi di tracciabilità, rendendo più semplice l’attività di verifica. Infatti, ricevuta la specifica, il fornitore redarrà una matrice di verifica, ovvero una tabella, tramite la quale, per ogni requisito identificato da un numero, indicherà se e assolto completamente, parzialmente o non può essere assolto e perché.

Struttura e gerarchie

Sarebbe bene che i requisiti fossero suddivisi in gruppi logici e/o funzionali. Di solito si ragiona a livelli o moduli, partendo da un più alto livello, con indicazioni molto generiche, scendendo sempre più in sotto-livelli, nei quali si va sempre più in dettaglio. A parità di livello, è bene dare la precedenza ai requisiti più importanti e obbligatori (che spesso riguardano la sicurezza).

Standardizzare il linguaggio

Solitamente il documento è scritto in inglese, non tutti i fornitori cinesi conoscono bene la lingua  inglese, è necessario evitare fraintendimenti. Il consiglio è di non usare sinonimi o parafrasi per indicare lo stesso concetto. La prima volta che si usa una parola chiave, evidenziarla e soffermarsi sul suo significato. Non dare nulla per scontato. In inglese si fa largo uso di acronimi, in testa al documento è bene inserire una lista degli acronimi usati con i loro significati e in ordine alfabetico. La prima volta che l’acronimo è usato all’interno del documento, nelle vicinanze o tra parentesi, è consigliabile scrivere il significato per esteso. L’acronimo TBD (To Be Defined), dovrebbe non comparire mai, a meno che non si tratti di una bozza. Quando si ha un requisito funzionale obbligatorio, deve essere preceduto da “shall”.
Quando si richiede qualcosa che non ha che fare con le caratteristiche proprie della fornitura, ma comunque obbligatorio, deve essere usato “must”. Per i requisiti raccomandati, ma non obbligatori, si possono usare le parole “should” o “may”.

Tracciabilità e verificabilità

Come si è detto, la specifica di prodotto è anche un ottimo strumento di verifica. Per assolvere bene a questa funzione, ogni requisito deve essere testabile e verificabile. Ogni volta che scriviamo un requisito, dobbiamo avere ben chiaro in mente come verificarne l‘assolvimento da parte del fornitore. Per esempio, scrivere: ”la tale parte del giocattolo non deve essere facilmente staccabile” non è un requisito verificabile. Scrivere invece: “la tale parte del giocattolo deve resistere a trazioni assiali di x N senza distaccarsi”, è un requisito verificabile. Inoltre si è evitato di usare un requisito in forma negativa; ovvero, specificare cosa un prodotto non deve fare o come non deve comportarsi è di gran lunga meno efficace che indicare cosa deve fare e come.

I termini, gli standard e le normative

Qualunque cosa non sia propriamente specificata, ma chiarita e discussa successivamente, potrebbe diventare un motivo o una scusa per ritardi, aumenti dei prezzi e scadimento della qualità del prodotto finale. Se, per esempio: non vengono chiariti i tempi che intercorrono da quando emettete l’ordine a quando riceverete la merce (total lead time), i quali normalmente sono legati al periodo dell’anno, un’eventuale richiesta di ridurre i tempi, o modificarli in qualche modo, può facilmente indurre il fornitore a lavorare in regime d’urgenza (e quindi potrebbe sentirsi in diritto di applicare un sovrapprezzo) o la richiesta potrebbe essere assunta come scusante per un calo della qualità del lavoro finale in quanto alcuni passaggi di processo potrebbero essere saltati per fare in fretta.
Altra cosa da specificare con cura sono i cosiddetti Incoterms. Gli Incoterms (International Commercial Terms), specificano come avviene la transazione commerciale e la spedizione, chi paga e cosa e, soprattutto, dove finiscono le responsabilità di una delle due parti e dove iniziano quelle dell’altra.
I termini maggiormente accettati sono i FOB (Free On Board) in cui si deve definire il porto d’imbarco. Con questo termine, il fornitore si accolla i costi e le responsabilità fino all’imbarco (e quindi anche i costi di sdoganamento). Da quel momento in poi, tutti i costi e le responsabilità saranno vostri.
Un altro metodo ampiamente usato è il DDP (Delivered Duty Paid) con il quale il fornitore si accolla tutti gli oneri e le responsabilità sino al luogo di destinazione. I costi e le responsabilità di scarico dal mezzo di trasporto saranno a vostro carico.
Una variante del DDP ampiamente accettata è il DDU (Delevered Duty Unpaid), l’unica differenza è che voi vi occuperete di pagare sia le spese doganali che le tasse.
Esistono moltissime altre soluzioni e varianti, quindi, si rimanda per un approfondimento al sito ICC (International Chamber of Commerce).
Fra le norme e gli standard da discutere con il fornitore, vale la pena di soffermarsi sulla Direttiva e le norme armonizzate in materia di sicurezza del prodotto in Europa. Iniziamo con la differenza tra Direttiva e norme armonizzate. La Direttiva è una legge emanata dalla Comunità Europea e recepita a livello locale dai singoli Stati. Essa definisce i termini e le responsabilità generali. Essendo una legge a tutti gli effetti, la Direttiva ha risvolti giuridici sia civili che penali. Nell’ambito dell’outsourcing è importantissimo sapere che la responsabilità di un prodotto immesso nel mercato Europeo, non è del costruttore ma di colui che immette il prodotto sul mercato. Quindi, la responsabilità non è del fornitore cinese, ma di chi immette il prodotto sul mercato. La norma armonizzata, legata alla Direttiva, è un documento che definisce le caratteristiche (dimensionali, prestazionali, ambientali, di sicurezza, di organizzazione ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato dell'arte. La Direttiva è valida ed applicabile a qualunque prodotto; la norma è specifica di uno o di un’intera categoria di prodotti, quindi, non tutte le norme sono applicabili a tutti i prodotti. Le norme sono in continuo aggiornamento in quanto lo stato dell’arte dei prodotti è in continua evoluzione e servono a comprovare che il prodotto, presumibilmente, risponde alla Direttiva. È da sottolineare che gli organi di controllo possono richiedere i certificati che comprovino l’effettiva idoneità del prodotto al mercato europeo in qualunque momento. Invece, i vostri clienti si dovranno accontentare di una Dichiarazione di Conformità redatta e firmata da voi, sotto la vostra responsabilità.
La rispondenza alle norme non è strettamente obbligatoria ma, in mancanza di una certificazione, è molto complicato comprovare una presunzione di completa rispondenza alla Direttiva.
Poiché il fascicolo tecnico (compresa l’analisi dei rischi) e il Manuale d’Uso sono a carico e sotto la responsabilità di chi immette sul mercato il prodotto e poiché, per motivi di tutela della proprietà intellettuale, il fornitore non è obbligato per legge a dare le informazioni necessarie: è importantissimo regolare tramite un agreement la possibilità di prendere visione della documentazione e ogni tipo di collaborazione necessaria.
Per nostre esperienze pregresse, sconsigliamo di affidare le certificazioni, i test di qualifica e di verifica a laboratori individuati dal fornitore cinese. Non sempre questi laboratori, benché situati in Europa, fanno un buon lavoro. Anche se costa di più, consigliamo di gestire autonomamente la cosa affidandosi a laboratori di fiducia.

89 thoughts on “L’importanza della specifica di fornitura nell’outsourcing in Cina.

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